Dimitru Staniloaë. L'estro geniale dell'Ortodossia romena

Grazie alla teologia che in lei si elabora, la Chiesa avanza nella luce del “sole di giustizia”, luce che diventa sempre più intensa e la riempie sempre più. Il cammino permanente della Chiesa sotto lo stesso sole, la cui manifestazione però si amplia, è la Tradizione ecclesiale; e la luce autentica del sole, che si accumula come dote della Sposa e come bene inesaribile da comprendere mediante la ricerca e la celebrazione teologiche, diventa l’insegnamento della Chiesa. Dumitru Staniloaë
«Padre Dimitru Staniloaë appartiene ad un popolo, quello rumeno, che ha dovuto incessantemente realizzare un equilibrio difficile tra il suo spazio proprio, e la sua situazione, tragica e feconda di crocevia: tra l'Oriente e l'Occidente cristiano, l'Ortodossia e la latinità, il mondo greco e il mondo slavo. [...]. Rumeno e universale. Ortodosso e dunque unito a tutto. Un uomo che non ha paura. Che non ha paura dell' Occidente, nè delle pretese dell'umanesimo e della razionalità moderni». Con queste parole Olivier Clement delinea la figura del teologo romeno: cf. Prefazione in Il Genio dell’Ortodossia, Jaca Book: Milano, 11 ss.
Non c’è netta distinzione nel pensiero di Staniloaë tra rivelazione naturale e rivelazione soprannaturale, al contrario natura umana e natura divina sono così intimamente unite in Cristo che la natura non può più essere considerata semplice natura. Questo qualifica un modo tutto nuovo di intendere finanche la razionalità.
Il cosmo e la natura umana a lui intimamente legata portano un’impronta di «razionalità» mentre l’uomo, immagine di Dio, è dotato in più di una ragione capace di conoscere coscientemente la razionalità del cosmo e la sua propria natura. Ma questa razionalità del cosmo e la nostra ragione umana capace di conoscenza sono – secondo la fede cristiana – il prodotto dell’atto creatore di Dio. Dunque nemmeno da questo punto di vista la rivelazione «naturale» è puramente naturale. (Dumitru Staniloaë, Il Genio dell’Ortodossia, Jaca Book: Milano, 30)
È proprio il riconoscersi creatura di Dio che dà all’uomo una capacità del tutto inedita di relazione con il cosmo. Nel mondo creato si rivela Dio, la natura e la bellezza che vi abitano sono preconi del messaggio evangelico. Ma solo all’uomo è dato rendersi conto della grandezza del cosmo in relazione a Dio.
Ecco perché questa razionalità deve avere la sua origine in Colui il quale attraverso la conservazione del mondo ha voluto, e attraverso la sua conservazione vuole sempre che l’uomo conosca il mondo e, in questo modo, vuole anche farsi conoscere Lui stesso dall’uomo. […]. È l’uomo che è la finalità del mondo e non viceversa. Il fatto stesso che noi ci rendiamo conto che il mondo ci è necessario dimostra la superiorità dell’uomo nei confronti del mondo. Perché il mondo non è capace di cogliere che noi gli siamo necessari. (Il Genio dell’Ortodossia, 31)
Nella coscienza dell’uomo, sacrario della presenza di Dio, la ragione si comunica all’uomo e si lascia da questi assimilare. È proprio qui che le “ragioni” sono poste in unità e rendono l’uomo capace di accrescere il suo grado di coscienza.
Le «ragioni» delle cose si svelano alla coscienza umana per essere assimilate da questa e concentrate in essa; esse hanno la ragione umana come centro virtuale cosciente e la aiutano a diventare il loro centro manifesto. Esse sono come i raggi virtuali della ragione umana che stanno per essere scoperti, come i suoi raggi attuali con cui essa amplia sempre più il suo sguardo. […] Alcuni Padri della Chiesa hanno detto che l’uomo è un microcosmo che riassume in sé il mondo intero dal momento che è capace di comprenderlo senza perdervisi, perché egli lo trascende. (Il Genio dell’Ortodossia , 32)
Tra il cosmo e l’uomo vi è una dialettica mutuamente rilevante, ma si badi bene solo il cosmo è fatto per l’uomo e mai viceversa. Il mondo intero è chiamato ad umanizzarsi a divenire un grande-uomo, capace di essere segnato dal sigillo dell’uomo.
Un termine più preciso per esprimere il fatto che l’uomo è chiamato a diventare un mondo più grande è quello di macro-anthropos che, propriamente parlando, esprime il fatto che il mondo intero è chiamato ad umanizzarsi, cioè a ricevere interamente il sigillo dell’umano, a diventare pan-umano, attualizzando così l’esigenza che è implicita nel suo stesso essere. Che il cosmo sia per l’uomo e non l’uomo per il cosmo, si vede non solo dal fatto che il cosmo è l’oggetto della coscienza e della conoscenza umane e non viceversa, ma anche dal fatto che il cosmo serve praticamente l’esistenza umana. (Il Genio dell’Ortodossia, 33)
Quale rapporto tra l’umano, la sua natura finita e l’eternità? Con queste parole Staniloaë chiarisce il nodo tematico:
Perché nella coscienza di noi stessi è implicata, con la ricerca del significato della nostra esistenza, la volontà di persistere eternamente per approfondire all’infinito il significato della nostra esistenza e dell’intera realtà. Secondo la fede cristiana, noi siamo fatti per l’eternità perché aspiriamo, come degli asfissiati, all’eternità, all’assoluto. Noi vogliamo amare e essere amati sempre più, nella prospettiva di un amore assoluto senza fine. Ma possiamo trovare tutto ciò solo in relazione con una Persona infinita e assoluta, con una Persona cosciente, se ci è permesso di usare un pleonasmo. Noi aspiriamo a scoprire e a realizzare una bellezza sempre più grande, a conoscere una realtà sempre più profonda, a progredire in una novità permanente. Ed è perché siamo delle persone che tendiamo così all’infinito. (Il Genio dell’Ortodossia, 34)
Il senso dell’esistenza si trova e può solo trovarsi nella luce sconfinata ed eterna di una vita autenticamente libera. Questo significa travalicare i vincoli della morte e della corruzione.
Noi crediamo che, per il nostro essere, i significati dell’esistenza non potrebbero trovare il loro compimento in una vita spirituale che fosse solamente immanente; perché la sua relativa varietà si muove, in fondo, in un ambito monotono e finisce con la morte del corpo come fenomeno di ripetizione naturale. Il senso dell’esistenza non può essere compiuto se non nella luce illimitata ed eterna di una vita trascendente libera da ogni monotonia della ripetizione e da ogni relatività. È solo su questo piano che la nostra vita può svilupparsi all’infinito, in una novità senza limiti che è, nello stesso tempo, una pienezza permanente. (Il Genio dell’Ortodossia, 36)
Fede e ragione ben lungi dall’essere due realtà contrapposte o autoescludenti, sono intese da Staniloaë come dimensioni complementari e vicendevolmente arricchenti. Il teologo romeno distingue ancora tra razionalità cosmica e razionalità della persona umana, e si noti bene soltanto quest’ultima è capace di illuminare la prima. L’ uomo è delineato da Staniloaë come il ricapitolatore del cosmo. La razionalità dell’universo riceve il suo compimento nella ragione dell’uomo.
Secondo la nostra fede, la razionalità che esiste nell’universo esige un completamento, ha bisogno di essere chiarita nella razionalità della persona. Essa non esaurisce tutta la razionalità. Questa razionalità cosmica presa in sé, come la sola che esista, ha portato molti scrittori e pensatori a considerare questo universo che porta ogni uomo alla morte come un immenso cimitero, un universo della derisione, dell’assenza di significato, di una razionalità irrazionale. Ma la razionalità dell’universo non può essere irrazionale o assurda. Essa riceve il suo pieno significato quando è considerata come avente la sua sorgente in una persona ragionevole che se ne serve per un dialogo eterno con altre persone. Di conseguenza la razionalità del mondo implica, per il suo compimento, l’esistenza di un soggetto libero che ha creato il mondo e impresso in lui una razionalità a misura dell’intelligenza umana in vista di un dialogo con l’uomo, dialogo che condurrà l’uomo verso una comunione eterna ed eminentemente «ragionevole» (dotata di senso) con l’infinito soggetto creatore. Tutto ciò che è oggetto razionale è solamente il mezzo di un dialogo interpersonale. (Il Genio dell’Ortodossia, 39)
La fede nell’opera di Staniloaë è strettamente commessa alla condivisione ecclesiale. È frutto essa stessa della tradizione. Trasmissione della fede, trasmissione della Scrittura, trasmissione dello Spirito sono doni del carisma della Chiesa.
L’arricchimento della mia fede attraverso la lettura e la meditazione della Scrittura si realizza nella comunione con gli altri, nella comunità della Chiesa. Senza la Scrittura la fede si indebolirebbe con l’andar del tempo e il suo contenuto si impoverirebbe e diventerebbe incerto in seno alla Chiesa. Ma senza la Chiesa la Scrittura non sarebbe attualizzata nella sua efficacia perché mancherebbe la trasmissione dello Spirito da quelli che credono a quelli che ricevono la fede. (Il Genio dell’Ortodossia, 78)
Cristo è presente nella Chiesa, egli agisce nella storia operando la salvezza.
Cristo, che agisce in noi mediante lo Spirito Santo comunicandosi come è descritto dalla Scrittura, è nella Chiesa. La Chiesa è il corpo di Cristo ed Egli vi agisce nel corso del tempo. La Chiesa è riempita da Cristo che opera la salvezza. Ma se Cristo è attivo nella Chiesa, la Scrittura che ne parla è anch’essa nella Chiesa. D’altra parte la Rivelazione, in quanto realtà compiuta in Cristo e manifestante la stessa efficacia attraverso la Chiesa nei secoli, rappresenta la tradizione. (Il Genio dell’Ortodossia, 79)
Dumitru Staniloaë è stato e continua ad essere per tutti coloro che si accostano alla sua opera, una lampada piena dell’olio dello Spirito. Grande e pieno di santo zelo è stato il suo impegno per la rinascita filocalica nella santa terra di Romania, patria che diede i natali all’indimenticabile Paisij Veličoskij. Sono tante le figure della Chiesa che è pellegrina in Romania degne di menzione e stima, uno per tutti cito Scrima. Occorre pregare e pregare che gli echi di queste voci si diffondano con rinnovata energia.
Antonino Pileri Bruno