Fëdor Dostoevskij. La letteratura russa in ricerca di Dio


 La sua superiorità risiede nel fatto che egli ha trasmesso alle domande eterne dello spirito umano l’ispirazione del profeta, il fuoco dell’apostolo, la sinceità del martire, la tristezza del filosofo e la perspicacia del poeta. Justin Popovic















Il sole comincia a rischiarare da pochi minuti il cielo di San Pietroburgo, siamo nel 1849 e tra pochi giorni sarà Natale, ma non per i venti ragazzi che nella piazza Semenovskaja aspettano di essere fucilati. C’è un giovane infreddolito tra i condannati, pallido sembra guardare al di là dei palazzi. Un sacerdote si avvicina ai condannati, che ormai hanno tolto i loro abiti borghesi per indossare la casacca bianca che sarà il loro sudario, ed offre alla loro venerazione una croce. Fedor, è il nome di questo giovane, istintivamente bacia la croce, infondo sono entrambi condannati a morte e tra compagni di sventura ci si saluta con familiarità, poi si gira verso il suo amico Nikolaj Aleksandrovic Spesnev e pone una domanda secca: “Saremo con Cristo...?”. Intanto un ufficiale si avvicina al plotone di esecuzione, sembra irritato e parla a scatti con il caporale “Niente, oggi niente…l’imperatore fa grazia della vita ai prigionieri!”. Il rullo di tamburi annuncia  perentoriamente l’alt! Ma la domanda senza risposta di Fedor  continuerà ad echeggiare da quella piazza per tutta la vita del nostro autore: Fedor Dostoevskij.

Una delle massime studiose di Dostoevskij, Tatjana Kasatkina, con queste parole ne tratteggia l’opera ed il travaglio interiore:

L’uomo è un mistero. Occorre decifrarlo. E se ti ci vorrà tutta la vita per farlo, non dire che hai perso tempo. Io mi occupo di questo mistero perché voglio essere un uomo”, scriveva al fratello Michail il diciassettenne Fedor Dostoevskij. E guardandosi indietro, molto tempo dopo, scriverà a un amico che per lui aveva quasi preso il posto del fratello morto: “La domanda principale […] che, coscientemente e incoscientemente, mi ha tormentato per tutta la vita, è quella sull’esistenza di Dio”. Nella sua vita, il mistero dell’uomo e il mistero di Dio si sono avvicinati tanto da diventare indissolubili, hanno imbastito l’ordito delle sue creazioni letterarie, mostrando che non possono essere presi in considerazione separatamente, che sono complementari. (Tatjana Kasatkina, Dostoevskij. Il sacro nel profano, Rizzoli: Milano, 2012).


La mistica slava, è una mistica cosmica, una mistica che vede il rapporto tra Dio e l'uomo come un rapporto giocato nel mondo. L'uomo riesce a conciliarsi con il cosmo solo nella misura in cui la sua esistenza si svolge sotto gli occhi di Dio. È la figura dello starez Zosima ad incarnare la voce profetica del cristianesimo slavo, che Dostoevskij incontrò nelle sue visite al monastero di Optina Pustyn'. Ascoltiamo le sue stesse parole dall’opera I fratelli Karamazov:

Fratelli […] amate tutto il creato nel suo insieme e in ogni granello di sabbia. Amate ogni fogliolina, ogni raggio di sole. Amate gli animali, amate le piante, amate ogni cosa. Una volta che l’avrai compreso, comincerai a conoscerlo incessantemente, ogni giorno di più e sempre più profondamente. E amerai alla fine tutto il mondo di un amore totale, universale. (Fedor Dostoevsij, I fratelli Karamakov, Mondadori: Milano, 2004).

E' la preghiera ad aprire il cuore dell'uomo alla contemplazione vera e vivificante di Dio, non è un caso che Zosima, rivolto al suo figlio spirituale  Alëša, con queste parole lo congedi:

Ragazzo, non scordare la preghiera. Nella tua preghiera, se è sincera, trasparirà ogni volta un nuovo sentimento e una nuova idea che prima ignoravi e che ridarà coraggio; comprenderai che la preghiera educa. Rammenta di ripetere dentro di te, ogni giorno, anzi ogni volta che puoi: “Signore, abbi pietà di tutti coloro che oggi sono comparsi dinanzi a te”. (Fedor Dostoevsij, I fratelli Karamakov, Mondadori: Milano, 2004).

Queste stesse parole accompagnino la nostra vita.

Antonino Pileri Bruno

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