Il cuore tempio dello Spirito nell'opera di Tomas Spidlik








Gli spirituali russi sono coloro che più di tutti prendono il cuore come emblema per distinguersi dall’Occidente “razionalista” il quale, a loro avviso, dimentica troppo facilmente che il fondamento della vita cristiana è il cuore. Tomas Spidlik






Nella teologia dell’Oriente slavo, il cuore declina il proprio significato su due direttrici ermeneutiche, esso è allo stesso tempo il centro della persona umana e il punto di incontro tra Dio e l’uomo; sacrario della sua coscienza: luogo in cui riconosciamo la nostra natura come tempio dello Spirito. Il cuore quindi è il centro focale in cui la totalità delle facoltà percettive, sensoriali e relazionali si raccolgono in sinfonica unità e si trascendono nel proprio superarsi. Il termine cuore nella teologia di Špidlík non indica mai una sola facoltà, ma assume la portata di simbolo che si riferisce all’uomo intero dentro la dimensione agapica in cui vive e tesse relazioni autentiche. 

In questa prospettiva il cuore inscrive nella propria valenza simbolica la totalità della persona umana e del suo relazionarsi con Dio, gli altri, il mondo; e la preghiera del cuore nel cammino spirituale arriva ad essere una disposizione stabile dell’uomo, perché tutto l’uomo si elevi verso Dio. È proprio la mistica del cuore, posta come nucleo della relazione tra persona, Dio e cosmo, a porre le fondamenta su cui il nostro autore costruisce il ponte teologico spirituale che avvicina l’Oriente alle questioni cruciali dell’ Occidente, e nello stesso tempo permette un movimento di incontro e dialogo: è questa la tesi che il nostro lavoro tenta di provare. 

Špidlík ricorda nella sua opera teologico-spirituale come i teologi slavi siano concordi nel ritenere che il peccato dell’occidente sia il razionalismo, e come questi offrano all’occidente a guisa d’ antidoto contro il razionalismo il cuore. Il cuore è un tema caro a Špidlík, nello stesso tempo è un nodo delicato e problematico; quando scrive il suo saggio su Teofane il Recluso dal titolo La doctrine spirituelle de Théophane le Reclus. Le Cœur et l’Esprit l’opera incontra non poche difficoltà e non senza ragione infatti il tema del cuore è un tema sensibile in quanto il giuramento antimodernista afferma:

sono assolutamente convinto e sinceramente dichiaro che la fede non è un cieco sentimento religioso che emerge dall’oscurità del subcosciente per impulso del cuore e inclinazione della volontà moralmente educata, ma un vero assenso dell’intelletto ad una verità ricevuta dal di fuori con la predicazione, per il quale, fiduciosi nella sua autorità supremamente verace, noi crediamo tutto quello che il Dio personale, creatore e signore nostro, ha detto, attestato e rivelato (Pio X, “Motu proprio Sacrorum Antistitum”, in Acta Apostolicae Sedis II/17 (1910) 670).


Appare da queste parole come sia il rapporto cuore-persona a poter bilanciare i termini della questione, infatti, se da un lato il giuramento professa che la fede non è cieco sentimento religioso che erompe dalle oscurità del subcosciente per impulso del cuore, dall’altro si credono come vere tutte le cose che dal Dio personale sono state rivelate.

Il teologo moravo rimarca nella sua opera la presa di distanza del pensiero russo rispetto all’idea di persona di Boezio secondo cui la persona si fonda nella sua dimensione ontologica giacché la natura precede la persona. Špidlík rifacendosi al pensiero della Slavia ortodossa sa scorgere i limiti dell’impostazione boeziana; dobbiamo al tempo stesso osservare che non si mostra sensibile ad apprezzare ciò che di positivo esprime la posizione di Boezio. I pensatori russi danno priorità alla persona, è questa si realizza in una natura determinata. Questa impostazione ha prospettive rilevanti in chiave trinitaria.

Le tre Persone non sono tali in quanto accomunate da una sola natura, quella divina, ma è l’unica natura divina ad essere data nelle tre Persone, distinte ed unite nell’unica natura divina. L’uomo è capace di vivere teologicamente non perché la conoscenza teologica gli dia il potere di impossessarsi del suo oggetto di indagine, ma perché sa vivere in comunione personale con esso.




Antonino Pileri Bruno 




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